CURA
PRE – POSTPRODUZIONE
Il genio (prodotto dalla volontà sociale di crearsene uno, più che dalla volontà individuale di diventarlo) sorvola frivolo la prigione dell’essere sè-ssuali e non compie alcun sacrificio castratorio nella trasumanazione: egli non castra nè sublima il proprio gusto ma i genitali in cancrena del Gusto come Verità del mondo
Guai alla farfalla che rinnega o rimuove il verme, di cui è la perfetta sovrastruttura, per fare le moine alla concupiscenza di una rete: viene infilzata a uno spillo e subito messa in cornice sottovetro – le si fa un monumento da viva.
L’opera d’arte transessualizza il mondo senza per questo rifondarlo meno verista di quel che è: essa non è del tutto assimilbile nè del tutto digeribile dalla particolare società in cui è stata concepita e recepita, altrimenti verrebbe cannibalizzata e espulsa. Ciò che i cannibali non riescono a far fuori viene chiamato speranza. E la speranza è un camaleonte che deve variare costantemente e impensabilmente di sesso se vuole mettersi in salvo. Occorre sbarazzarsi di ogni mistica mistificatoria del sacrificio di sè-sessuale e da ogni retorica carmelitana del dono di sè: essere il guardaroba totale del teatrino del proprio tempo e non per questa capacità di superiore osmosi coi costumi dei propri simili rinunciare alla propria particolare foglia di fico per quel che è.
A. Busi, Sodomie in corpo 11 – 1988 Mondadori
È già accaduto tutto
Premessa: saluta 2 amici in stazione (che stanno insieme) anche loro con barba e pancia, sotto una salopette e camicia a quadri, rossa e nero, per il più giovane e biondo chiaro, camicia nera e jeans per l’altro, più grande e maschile. Sul treno nella carrozza adiacente alla mia. Mini Mac bianco, sneakers verdi.
“Posso farle un ritratto?”
“A me? – è fatta – ti va bene un fondo Cool-Grey-treno?”
Andiamo davanti alla toilette, unico posto che mi permetta di fare un ritratto. Voglio stargli distante.
“Chiuda gli occhi!… Apra! – poi – Grazie!”
“Dove le pubblicherai? Su Fickr? Sai, – mi fa tornando ognuno nella sua carrozza – il mio ragazzo è geloso” .
“Anche il mio” faccio io ghigliottinando l’aria tra il corridoio e la mia carrozza.
Non si timbra due volte lo stesso biglietto.
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